Deutsches Studienzentrum in Venedig

Stefan Laube

Stefan Laube, Neuere Geschichte/Kulturwissenschaft

Stefan Laube,

Bilder aus der Phiole. Untersuchungen zur Bildsprache der Alchemie

Alchemische Kunst entfaltet sich im Umgang mit Phiole und Retorte, mit Glaskolben und Alembik – mit Behältern also, in denen sich stoffliche Reaktionen vollziehen. Quellen aus Venedig, ob handschriftlich oder gedruckt überliefert, belegen das eindrucksvoll: Im Traktat Über den Buchstaben Omega des Zosimos aus Panopolis aus dem Codex Marcianus Graecus 299, eines der ältesten Manuskripte zur Alchemie, werden Geräte und Gefäße nicht nur differenziert beschrieben. Alchemische Prozeduren und Instrumente sind dort auch erstmals visualisiert – unter der Überschrift „Cleopatras Goldmacherei“. 1546 bereicherte die Aldus-Presse den Buchmarkt mit der auf Initiative von Janus Lacinius herausgegebenen Pretiosa margarita novella des Ferrarer Arztes Petrus Bonus. Gleich zu Beginn ist eine Phalanx unterschiedlicher Gefäße unter einer schematischen Vier-Elemente-Darstellung abgebildet. Stellen Bildquellen einen Alchemiker dar, so ist er von Gefäßen unterschiedlichster Form und Größe umgeben. Der transmutatorische Prozess im vas hermeticum unterlag einer strikten Abgrenzung von Außen und Innen: Weder sollte etwas von Außen hineinkommen, noch etwas von Innen nach Außen entweichen. Aber was war auf Druckgraphik und illuminierter Handschrift innerhalb des Gefäßes zu sehen? Die Behälter sind leer, wenn nur ihre Form dokumentiert ist. Sind sie gefüllt, so hat man es meist nicht mit empirisch dargestellten stofflichen Ingredienzien zu tun, sondern mit metaphorischen Bildkonzentraten. Die Phiole begrenzt ein abgesondertes Bildfeld, das die Funktion hat, Prozesse aus ebenso winzigen wie flüchtigen Partikeln sichtbar zu machen oder besser zu versinnbildlichen. Der zweimonatige Forschungsaufenthalt in Venedig soll dazu dienen, illustrierte Manuskripte und Druckschriften der Alchemie aufzuspüren, in denen Gefäße in unterschiedlicher Form und Funktion abgebildet sind.

von Februar 2016 bis März 2016
Immagini dalla fiala. Analisi del linguaggio figurativo all’interno dell’alchimia

L’arte alchimica si sviluppa attorno alla gestione della fiala, del matraccio e dell’alambicco – con dei vasi perciò in cui hanno luogo delle reazioni materiali. Fonti veneziane, tramandate sia in manoscritti che in fonti stampate, testimoniano ciò in maniera chiara: nel trattato sulla lettera omega di Zosimo di Panopoli dal Codex Marcianus Graecus 299, uno dei manoscritti più antico sull’alchimia, non vengono soltanto descritti in maniera differenziata gli utensili e i vasi, ma per la prima volta vengono raffigurate visualmente procedure alchimiche e vasi, con il titolo „Cleopatra Chrysopoeia“. Nel 1546, su iniziativa di Janus Lacinius, la stampa di Aldo Manuzio arricchiva il mercato librario con la pubblicazione di Pretiosa margarita novella del medico ferrarese Petrus Bonus. Subito all’inizio della pubblicazione sotto la rappresentazione schematica dei quattro elementi viene raffigurata una varietà di vasi. Nel caso in cui le fonti figurative riportano un alchimico questo spesso è circondato da vasi di varia forma e grandezza. Il processo trasmutatorio nel vas hermeticum sottostava ad una delimitazione netta tra esterno ed interno: nulla doveva entrare dall’esterno e nulla uscire dall’interno verso l’esterno. Ma che cosa si riusciva a vedere all’interno del vaso sull’immagine grafica a stampa o manoscritto? I vasi erano vuoti se era raffigurato soltanto la loro forma. Se invece erano pieni, non si trattava di ingredienti rappresentati materialmente bensì di concentrati figurativi metaforici. La fiala delimita un campo visivo separato dal resto, che ha la funzione di rendere visibile dei processi derivanti da particelle volatili e di dimensione minima.
Il soggiorno di due mesi a Venezia serve per scoprire dei manoscritti e delle stampe illustrate dell’alchimia, in cui vengono raffigurati vasi di funzioni e forme differenti.

da Febbraio 2016 a Marzo 2016

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